Quand’è che un’azienda deve nominare un responsabile esterno secondo il GDPR? Quando decide – per pigrizia, perché non ne ha voglia, perché non ne ha le competenze – di esternalizzare delle attività che potrebbe fare al suo interno e che preferisce dare fuori.
I classici esempi di responsabile esterno sono gli studi paghe, le aziende che gestiscono la videosorveglianza, lo studio di commercialisti, ma ce ne sono anche altri, dipende dall’attività che il titolare del trattamento svolge e dalle sue competenze.
Quindi, il titolare può decidere di tenersi in casa certe funzioni o di delegarle ad altri. Se decide di darle fuori, prima di scegliere l’azienda o il professionista, deve verificare la sua compliance al GDPR.
Come si fa? Quali sono le attività obbligatorie per la verifica del responsabile esterno?
Se hai letto il mio articolo su Titolare, Responsabile e Addetto ed il parallelo con il club di scambisti, sai già che c’è una condizione imprescindibile da rispettare: il candidato a responsabile esterno deve aver pagato il biglietto d’ingresso al club e quindi deve già aderire ad una serie di regole chiare per entrare in gioco.
La prima di queste regole chiare è che il responsabile esterno deve essere nominato tale o con un atto di nomina o all’interno di un contratto.

1 – Deve esserci un atto formale: nomina o contratto

Un’azienda o un professionista non possono essere nominati responsabili esterni così, perché al titolare del trattamento un giorno viene in mente di nominare tutti i fornitori – pure quello che fa la manutenzione alla macchinetta del caffè – perché, per non saper né leggere né scrivere, per lui sono tutti responsabili, e magari li nomina a loro insaputa.
No, un responsabile esterno è tale perché c’è un atto di nomina oppure perché c’è un contratto in cui c’è scritto che può trattare informazioni per conto del titolare e che si comporterà in maniera corretta, secondo il GDPR.
Quindi la prima cosa da fare è aderire ad un atto formale: prendere delle regole e attraverso una nomina o attraverso un contratto, renderle chiare. Ma cosa bisogna scrivere?
Nell’atto di nomina dei tuoi responsabili esterni devi mettere nero su bianco che:
1) la tal azienda o il tal professionista è un responsabile esterno
2) per i trattamenti che fa per conto tuo – che sei il titolare del trattamento – ha le caratteristiche adeguate
E come fai a sapere se ha le caratteristiche adeguate?
Guardandogli nei pantaloni.

2 – Va fatta una verifica formale per stabilire se il responsabile esterno è GDPR compliant

Se hai letto o se conosci il mio esempio sul club di scambisti, ricorderai che è il Titolare (marito) a guidare il responsabile esterno mentre fa i trattamenti sull’Interessato (moglie). Bene. Però il titolare deve essere tranquillo che l’altro abbia tutte le carte in regola, che i suoi trattamenti siano sicuri e che piacciano all’interessato. È inutile che il responsabile esterno si presenti al club di scambisti dicendo che accetta le regole e che è dotato di 30 cm di dimensione artistica. Non basta raccontarlo, bisogna farlo vedere. Altrimenti è millantato credito.

Quindi, la dichiarazione del responsabile esterno che dice: “Io sono a norma GDPR” equivale alla dichiarazione di quello che va al club di scambisti e che dice “Io sono prestante e potente come Rocco Siffredi”. Tu me la puoi anche raccontare. Diciamo però che, prima di ingaggiarti, mi fai vedere delle foto, quanto meno. Mi dai delle prove formali.
Nel mondo aziendale, queste prove formali sono o la DPIA o il documento di verifica della compliance.

DPIA e documento di verifica della compliance

La DPIA Data Privacy Impact Assessment – è una procedura che serve a valutare e a dimostrare se sei conforme al GDPR. È obbligatoria per alcuni trattamenti, ma è caldamente consigliabile in generale perché aiuta ad essere accountable e compliant al GDPR e a dare evidenza di aver adottato tutte le misure necessarie perché il rischio residuale sui dati trattati sia basso. Il responsabile che mostra questo documento al titolare o, ancora meglio, gli mostra il documento di verifica della compliance (che è più completo) può provare formalmente che i trattamenti che fa per suo conto hanno un rischio residuale basso.
Ma questo non basta.
Se sei un titolare del trattamento devi effettivamente verificare che il responsabile stia facendo davvero quello che ha dichiarato.

3 – Verifica qualitativa (perché i documenti mica bastano)

Hai nominato il responsabile esterno. Hai chiesto la DPIA o il documento di verifica della compliance. Hai appurato che formalmente è tutto a posto, ma non basta. Devi anche controllare che il tuo responsabile faccia davvero quello che ha scritto. E come si fa?
Si fa con una verifica qualitativa, un po’ come quando controlli la qualità di un prodotto: prepari dei questionari e chiedi direttamente agli interessati che hanno ricevuto il trattamento da parte del responsabile esterno come si sono trovati.
È tutto a posto? Bene.
Qualcosa è andato storto? Controlli.
Come ultima ratio verifichi se le cose funzionano, se vanno come devono andare oppure no.
Quindi con cadenza annuale o semestrale – lo decidi tu – dai al responsabile esterno un voto, un punteggio sulla sua attività e ti riservi di andare a vedere come effettivamente fa i trattamenti.
Se ti accorgi che non si comporta in maniera adeguata, se non ti dà la DPIA aggiornata, se nicchia quando sollevi dei dubbi, eccetera eccetera, hai l’obbligo di allontanarlo, a meno che non ti assuma tu le sue responsabilità.
Quindi se poi succede qualcosa, non è il responsabile che ne risponde, ma tu titolare del trattamento. Perché se sai che il responsabile non si sta comportando come dovrebbe e non fai nulla, nel caso in cui l’interessato – la persona fisica di cui hai raccolto i dati e che hai affidato al responsabile esterno per alcuni trattamenti – subisse un danno e facesse una denuncia, sai di chi è la colpa? E’ TUA. E questo vale anche se non ti accorgi che qualcosa sta andando storto, perché sei responsabile per mancata sorveglianza. 
Quindi occhio a chi ti affidi.
FONTE: Privacylab BLOG – di Andrea Chiozzi (Kaiser) socio fondatore e CEO di PRIVACYLAB SRL
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